“ Vincere facile” è la grande promessa che attrae i giocatori di tutte le età e le classi sociali. Attrae specialmente, però, quelli che conoscono poco la matematica. Vediamo perché.
Innanzitutto, va detto che una bella fetta del gettito finisce in tasca all’erario in forma di tassazione; poi, una quota serve a pagare il lavoro degli addetti impegnati a tutti i livelli di questa filiera “produttiva”; infine, una quota deve sostenere il profitto delle società di gioco, dei gestori delle sale di gioco, dei tabaccai ecc. Resta una quota in media del 75%, che viene trasformata in vincite per i giocatori. Tuttavia, le piccole e piccolissime vincite assorbono una rilevante porzione anche di questa quota, lasciando alle vincite significative una parte assolutamente residuale, sia in termini di valore assoluto che di numero di giocate vincenti. Quando il gioco dichiara la percentuale di giocate vincenti, tiene conto ovviamente delle piccolissime vincite, che possono anche solo coprire il costo della giocata (i 2 o 5 euro con cui si riacquista sistematicamente un nuovo gratta e vinci) e che rappresentano la maggioranza assoluta. La loro funzione è proprio quella di incoraggiare ad ulteriori tentativi di gioco. Di fatto si tratta di uno strumento di marketing.
Marco Verani, professore di matematica al Politecnico di Milano, ha illustrato le possibilità di vincita del premio massimo in un gratta e vinci: “Per un tipo di Gratta e Vinci che si chiama “Il Miliardario” vengono emessi ogni anno 30 milioni di biglietti. Cinque tra loro valgono 500mila euro. La probabilità di vincere è una su sei milioni, quindi. È tanto? È poco? Davanti a un numero così piccolo la gente è un po’ persa”. Allora con una suggestiva esemplificazione ci ha chiarito le idee: “ Un gratta e vinci è lungo 15 centimetri: se li mettiamo, sei milioni uno accanto all’altro, otteniamo una fila lunga 900 chilometri, la distanza che separa Milano da Monopoli, in Puglia. Una fila in cui c’è solo un biglietto vincente”.
Morale della favola? Il gioco d’azzardo andrebbe guardato da un punto di vista razionale, non magico!
La pubblicità del gioco d’azzardo è molto diffusa, anzi invasiva: alla tv, alla radio, sui manifesti formato gigante in strada, nelle manifestazioni sportive…e poi quell’offerta esorbitante di tagliandini nelle tabaccherie e punti Lottomatica…ci si ferma per prendere un caffè o fare una ricarica telefonica e si esce con qualche tagliando in tasca. Anche vietare l’installazione dei videopoker e delle slot machines è difficile, visto che i gestori dei giochi vincono sempre i ricorsi al TAR contro le ordinanze dei sindaci.
Come si frena allora la spinta al gioco che fa del nostro Paese il più dedito al mondo? In attesa di una coraggiosa decisione politica, che abolisca questa “odiosa tassa sui poveri” (come è stata definita) e permetta allo Stato di rinunciare almeno in parte al gettito del gioco, possiamo cercare di rendere le persone più consapevoli della questione principale: il gioco ha senso solo come passatempo occasionale, sfida “una tantum” alla fortuna (ma senza troppo impegno economico!), non come attività sistematica di ricerca della soluzione facile ai problemi. Nel lungo periodo, chi gioca regolarmente perde sempre e comunque, perché nel lungo periodo la fortuna non esiste! L’unica certezza è che con un numero alto di giocate, salvo realizzare l’improbabilissima grande vincita, si perde sempre.
Lo hanno dimostrato inconfutabilmente molti matematici, indignati del dilagare di un fenomeno che prima di tutto è figlio della poca dimestichezza con la matematica, la statistica e il calcolo delle probabilità in particolare. Vi invitiamo a guardare alcuni interessantissimi video dimostrativi presenti sul sito della società TAXI 1729, che vi faranno sorridere ma anche pensare.